Recensione: Ogni contatto lascia una traccia di Elanor Dymott

Bene, veniamo al primo degli 'insoddisfacenti'. E' scritto in maniera corretta, è coerente e tutto, ma non mi è piaciuto granché. Provo a dirvi perché.



Titolo: Ogni contatto lascia una traccia
Titolo originale: Every contact leaves a trace
Autore: Elanor Dymott
Edizione: Einaudi
Prezzo:   € 22,00
Trama: La mattina dopo essersi rincontrati al ricevimento di matrimonio di due vecchi compagni di college, Rachel chiede ad Alex di sposarla. Sono passati dieci anni dall'ultima indimenticabile estate che i due hanno trascorso insieme nel silenzio dei prati semideserti di Oxford, ma per Alex e Rachel è come se il tempo fosse solo un'illusione incapace di nascondere il loro amore. Gli anni di matrimonio sono intimi, dolci, protetti. Ma brevi. Harry, il professore di letteratura inglese dei tempi dell'università, invita i due per una rimpatriata estiva e quella stessa notte, dopo essersi allontanata per una passeggiata solitaria in riva al lago, Rachel viene assassinata. Un grido, la corsa disperata di Alex verso il luogo in cui sua moglie stava morendo, e, infine, le lacrime di un uomo che tiene in grembo la testa ferita della sua donna e ne sente, per l'ultima volta, l'intimo peso. Qualche mese dopo Alex è seduto nello studio di Harry, in ascolto di una versione dei fatti sulla morte di sua moglie. Una versione, non l'unica; un narratore, non il più affidabile. Un torrente di ricordi, parole e visioni trasporta il peso di una verità sconosciuta e imprevista, di un mistero che Alex deve svelare per riappropriarsi dell'immagine ormai sfuggente della moglie. Chi era Rachel? Una giovane ricercatrice, un'orfana, una calamita per cose e persone che intorno a lei avevano trovato un ordine da non scompigliare...


Voto: 5/10

*Potrebbe contenere spoiler*


Non mi ha colpito affatto.
Soprattutto ritengo che l'autrice non abbia saputo svolgere il compito che si era prefissata.
L'intenzione era quella di mostrare una grande storia d'amore in cui il vedovo ricerca la verità sulla morte della moglie, scoprendo fatti del passato di cui non era a conoscenza.
In realtà il vedovo più volte ribadisce di aver fiducia nella polizia e non fa proprio niente per cercare questo assassino. Si muove solo quando viene invitato da un professore del college che ha frequentato con la moglie, che gli racconta alcuni retroscena.
La sua grande ricerca è star lì ad ascoltare e poi fare 2+2 (ma proprio 2+2, niente di più complicato), scrivere un riassunto e spiattellarlo alla polizia.
Retroscena tragici e terribili? Mah... Forse. Guardandoli oggettivamente potrebbero anche esserlo, ma leggendo il libro, più volte mi sono trovata a pensare: embé? Tutto qui?
Forse l'intento dell'autrice era di mostrare che ogni persona che incontriamo ci conosce in maniera diversa e conosce di noi fatti e storie diverse. Se è così, fallisce comunque.
Sì, al vedovo vengono raccontate cose della moglie che non conosce, ma, alla fine, il carattere di lei non emerge. Nessuno lo fa emergere, ma non, come ci si potrebbe aspettare, perché ognuno ha conosciuto una Rachel diversa, bensì perché raccontano i fatti quasi nudi e crudi, senza niente che faccia riferimento al carattere o alla personalità.
La storia d'amore? Si è data alla macchia ... Io non l'ho manco vista, figuriamoci sentirla. Ho letto di un vedovo che dice (DICE, non me lo ha fatto sentire) di sentirsi solo e che per metà libro sta a sentire cosa gli raccontano della moglie morta. Gli viene detto che anche lei lo amava tantissimo, lui ci crede e fine della storia.
Altri grandi assenti: i personaggi. Totalmente piatti, nessun approfondimento, nessuna particolare riflessione.
Non riuscirei a citare una sola caratteristica di uno di loro. Rachel sarebbe l'unico personaggio degno di nota, ma è morta e possiamo conoscerla solo attraverso le parole degli altri che, a mio parere, falliscono miseramente nell'intento di tratteggiarla.
Per finire, ho trovato lo stile dell'autrice tendenzialmente noioso e eccessivamente digressivo. Mi sembrava di avere davanti mio marito. Per chiarire, lui le cose le racconta così: oggi Tizio, il mio collega, quello che ha avuto quell'incidente in auto anni fa, che ha distrutto l'auto, ma non si è fatto niente..., che sua moglie è un pezzo grosso di una grande azienda, e infatti hanno una casa in quella località, che io trovo scomoda ma il posto è bello, si può venire a lavoro in bici e...
Ecco, così. Parla mezz'ora e, dopo mezz'ora ancora non si sa cosa ha fatto Tizio. Anzi, manco ve lo ricordate più, Tizio.
Qui uguale.
Il professore dice una cosa, cita un fatto e il narratore, Alex (il vedovo), parte per una tangente raccontando cose che non c'entrano niente e di cui non vi importa niente. Quando riprende il filo del discorso, non vi ricordate più la premessa iniziale.
Oltre a questo, parere mio, i dialoghi sono proprio miserini, vuoti e senza enfasi. Da personaggi che studiano e insegnano lettere mi aspettavo di più.
Un libro quindi, che non è particolarmente brutto o scritto male, è solo estremamente piatto e un po' insignificante.
Avevo anche pensato di dargli un sei stiracchiato, ma alla fine ho optato per il cinque: il thriller non c'è, la storia d'amore non c'è, lo studio psicologico non c'è; essere scritto abbastanza bene e essere coerente non sono sufficienti.

Commenti

Post popolari in questo blog

Recensione: La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig

Recensione: Il paradiso dei diavoli di Franco Di Mare

Segnalazione: L'angelo e il mugnaio di Antonio Aschiarolo