Recensione: Il cacciatore di occhi di Sebastian Fitzek


Titolo: Il cacciatore di occhi
Autore: Sebastian Fitzek
Edizione: Einaudi
Prezzo: € 19,00
Trama: Frank Lahmann e Zarin Suker hanno molto in comune: sono due psicopatici, crudeli, spinti da un desiderio di morte e vendetta che affonda le sue radici malate nella loro infanzia. E, per diverse ragioni, sono ossessionati dagli occhi delle loro vittime. Alina Gregoriev, una fisioterapista cieca, ha il compito di trovare le prove per incastrare Suker, interrompendone la catena di violenze. Alexander Zorbach deve trovare a ogni costo il serial killer Lahmann, che ha ucciso sua moglie e gli ha rapito il figlio. Ma l'uomo, che la stampa ha ribattezzato il "Collezionista di occhi", sembra conoscerne in anticipo le mosse, e si diverte a giocare con lui come il gatto col topo. Alina e Alexander hanno già lavorato insieme, e insieme hanno scoperto che dietro i delitti del Collezionista c'era Lahmann. Ma ora sono presi tra due fronti, e con il crescente sospetto che i loro nemici, ben lungi dall'essere ignari uno dell'altro, agiscano seguendo un unico, folle disegno.

Da qualche parte c'è scritto che il libro può essere letto anche da solo. Non credeteci! E' il prosieguo di una storia e sì, non è necessario aver letto la prima, per leggere questo, ma sappiate che, se leggete questo, vi fregate il primo. Quindi, consiglio mio, leggete prima l'altro. A meno di non voler leggere solo questo. Scelte personali.
Il romanzo rientra nella categoria dei killer psicologici e ammetto che ne ha tutti i diritti.
I personaggi si trovano davanti ben due folli che uccidono in modo crudele e per motivi che loro ritengono giusti.
La trama è abbastanza cruda e rispetta tutti gli standard del genere. La cosa più interessante è proprio l'aspetto psicologico e le riflessioni che propone.
Fitzek è molto bravo a sottolineare la differenza che c'è tra il ragionare a mente fredda davanti ad una tavola imbandita e trovarsi davanti un pazzo che ti chiede di scegliere se salvare un uomo o un cane, con il cane che uggiola davanti a te e affoga lentamente in una vasca d'acqua. La scelta non è così immediata.
Allo stesso modo, come biasimare alcune vittime che finiscono per suicidarsi?
A quale crudeltà può arrivare la mente umana e secondo quali motivazioni?
Interessantissimo anche il tema della vendetta. E le conseguenze che può avere il volerla perseguire ad ogni costo.
Per finire: riusciremmo ad essere così altruisti da rinunciare a qualcosa di caro per noi, se questo danneggiasse qualcun'altro?
Tutta una serie di domande che l'autore pone in maniera molto sottile attraverso i suoi personaggi e, sempre attraverso di loro, mostra i percorsi della mente, le possibili riflessioni e conclusioni. Ma non le soluzioni.
Come romanzo ho trovato che alcuni momenti venissero un po' trascurati e alcuni brani di collegamento tra una scena e l'altra mi sono sembrati forzati.
Il finale, per quanto logico, non posso dire che mi sia piaciuto granché. Sì, come dice uno dei protagonisti avrei preferito un finale diverso.

Personaggi: Si dividono al scena Alexander Zorbach e Alina Gregoriev. Lui ha perso il figlio nel romanzo precedente nonostante abbia cercato di uccidersi esattamente come richiesto dal Killer, lei è ancora cieca e ha ancora percezioni di ciò che dovrebbe accadere nel futuro. Ho trovato Zorbach piuttosto credibile, con gli incubi, il bisogno di fuga, il suo torpore e l'apatia. Ho anche apprezzato il suo lato umano indeciso e vendicativo. Alina invece, per quanto personaggio più di spicco, mi è piaciuta meno. L'ho trovata un po' troppo arrogante in alcuni momenti e troppo fragile in altri. La descrizione della sua fuga, inoltre, mi ha lasciato diverse perplessità.
Per quanto riguarda i due cattivi, Lahmann fa giusto qualche apparizione, mentre Suker l'ho trovato abbastanza credibile, ma è uno di quelli che fa errori un po' stupidi e questo gli ha tolto dei punti.

Stile: Adrenalinico. Fitzek riesce a coinvolgere molto il lettore, soprattutto su domande psciologiche, e i ragionamenti dei suoi personaggi riescono ad affascinare. Le descrizioni sono piuttosto rare, dando ampio spazio all'introspettività e all'azione. Linguaggio sostanzialmente pulito ad eccezione di frasi dei personaggi che non disturbano perché coerenti con le situazioni. Il testo è scorrevole e il libro si lascia leggere facilmente. Un po' troppo d'effetto le descrizioni delle torture.

Giudizio finale complessivo: Come dicevo alcune cosette mi hanno fatto un po' storcere il naso, ma nel complesso l'ho trovato un buon thriller, anche sopra la media (se piace il genere psico-thriller). La narrazione mi ha letteralmente catturata e mi dispiace essermi fregata le vicende del primo libro, che ormai non credo che leggerò. Le parti più cruente non mi hanno esaltato, ma non penalizzo il libro per questo.
Perde un po' per i personaggi che non mi sono piaciuti del tutto (eccetto Zorbach) e per quelle parti saltate o non chiare.
Voto: 8/10

Commenti

Post popolari in questo blog

Recensione: La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig

Recensione: Il paradiso dei diavoli di Franco Di Mare

Segnalazione: L'angelo e il mugnaio di Antonio Aschiarolo