Recensione: Il piacere di Gabriele D'Annunzio

Rieccomi! Forse riesco a riprendere anche le recensioni. Se non accade nient'altro (ma non ci giurerei, per tanto, lo dico sottovoce).
Vi lascio ad un classico che ho finito da qualche giorno ma che ha richiesto il suo tempo per essere recensito.

Titolo: Il piacere
Autore: Gabriele D'annunzio
Edizione: Garzanti (veramente io ho una vecchia edizione Mondadori con copertina diversa, ma non sono riuscita a trovarla, credo sia fuori produzione)
Prezzo: 8,50€
Trama (tratta da www.ibs.it): Il poeta-pittore Andrea Sperelli, protagonista del romanzo, è il primo alter ego di D'Annunzio, e il più significativo: incarna una raffinata sensibilità, carica di civiltà e di corruzione, scettica e cinica, che agisce secondo l'istanza estetica di vivere per il piacere e paga un duro scotto per la sua resa incondizionata ai sensi. Libro apparentemente senza azione, dove tutto sembra accadere nella mente del protagonista, modernamente sospesa tra aspettazione e memoria, "Il piacere" ha una svolta narrativa cruciale nel lapsus mentale e linguistico del protagonista che, mentre abbraccia la donna virtuosa e dolente che ha sedotto, pensa alla perduta e appassionata amante finendo per pronunciare il nome sbagliato.

Avere a che fare con certi libri crea sempre qualche difficoltà. Prima di tutto c'è il problema linguistico in quanto le prima pagine sono di 'adattamento' ad uno stile del tutto desueto. Poi va sempre tenuto presente il contesto dell'epoca in cui è scritto. Per finire è necessario calibrare le aspettative in relazione a quanto detto prima. Mi spiego meglio con un esempio: se mi dicono che è uscito, ora nel 2013, un libro sul piacere dei sensi, mi aspetto, minimo minimo, amplessi, puppe e culi a piene mani, descrizioni particolari e quant'altro; in un libro di fine '800 NON mi aspetto le stesse cose, anche se l'argomento è il medesimo. E difatti credo che la cosa più 'audace' che vi ho trovato, sia un riferimento a dei peli, anzi, alla mancanza dei medesimi, in quella 'zona' di una certa signora. Ci son volute tre pagine a capire di cosa stesse parlando e perché il povero giovanotto fosse così sconvolto (tempi magri per le estetiste nel XIX secolo).
Ultimamente mi son capitati tra le mani diversi romanzi 'erotici' (li chiamano così, mah...) che mi hanno lasciata perlopiù perplessa (mentre suppongo che il loro scopo fosse suscitare altro). Così già che c'ero, ho pensato che fosse simpatico sbirciare in un romanzo che, al suo tempo, deve aver suscitato una certa impressione.
'Il piacere' non è un romanzo erotico, eppure l'ho trovato più allettante e malizioso di tutti gli altri citati prima. Come dice anche la sinossi, non si lascia ricordare per la trama, quasi del tutto assente, e non lo si legge quindi per la storia. Del resto D'Annunzio viene ricordato più che altro per l'aspetto descrittivo e immaginifico, più che per quello emotivo e sentimentale, ed è per questi motivi che lo si apprezza o disprezza.
Personalmente a me piace. Fin dalle elementari ho adorato il suo perdersi nelle immagini e anche adesso lo considero uno dei migliori sotto quest'aspetto. Per contro sono la prima a riconoscere che spesso questo modus scribendi spezza l'azione e fa perdere il filo del discorso.
Inoltre talvolta risulta anche ridondante insistendo su una stessa scena descritta più volte con parole diverse.
Al di là di questi due appunti, immergersi nella vita (e nella Roma) di fine ottocento, è stata un'esperienza piacevole e maliziosa. Il giovane Andrea è altamente rappresentativo della categoria che D'Annunzio ha voluto rappresentare: da un lato capace di sentimenti forti, passionali, viscerali, ama fortemente, detesta allo stesso modo, si disgusta fino a sentire dolore fisico e così via, condannando i comportamenti che non gli portano benessere, dall'altro lato è lui il primo a non avere un comportamento coerente, inseguendo ogni gonna piacevole e facendo della conquista un gioco da non abbandonare mai, fino all'annientamento del soggetto amato e talvolta di se stesso.
Niente riesce a mutare il suo comportamento, neanche una brutta ferita e il rischio di morire.

Personaggi: Come già dicevo nella parte sopra, D'Annunzio illustra un'epoca godereccia e piuttosto libertina e lo fa principalmente attraverso i propri personaggi. Andrea è il protagonista e credo che D'Annunzio abbia messo molto di sé nel giovane. Si tratta di un personaggio ricco e un po' indolente, che sembra vada avanti solo per godere di ciò che la vita può offrirgli. Con lui entriamo in un labirinto di colazioni, pranzi, balli, attività il cui scopo primo sembra quello di alleviare la noia, ma in realtà vien subito da pensare che sia il libertinaggio più puro. Andrea non è un ragazzo vuoto e sciocco, tutt'altro, conosce le arti, è scrittore e poeta, ha studiato i classici ed è capace di citazioni e paragoni molto sottili, al contempo però, tutte le sue doti sono dedicate solo alla conquista della bella di turno (che sia Elena o Maria, le principali, o qualche altra donna dell'epoca), goduta la quale passa alla successiva senza troppe remore. Solo due figure lasciano il segno: la bellissima Elena e la pura Maria. La prima ci viene presentata a inizio libro e conosciamo l'inizio della storia tramite un flashback. Di lei non veniamo a sapere molto se non dai ricordi e dai pensieri di Andrea. Il protagonista la taccia di opportunismo e falsità, ma anche lui non è immune da difetti, inoltre è solo nelle ultime vicende che il lettore può trovare qualcosa da rimproverare alla dama. Maria invece giunge pi o meno a metà. Moglie devota e fedele, attraverso alcune pagine del suo diario ne scopriamo pensieri e virtù. Lei rappresenta la purezza e l'onestà e il perenne tentativo del peccatore di 'sporcare' tanta purezza. La conquista di Maria, al di là dell'amore tanto vantato dal protagonista, assomiglia più ad una sfida con se stessi, al suo bisogno di essere il primo e l'unico a prendere ciò che la dama ha di più importante.

Stile: Al di là dei toni, molto pacati e cortesi che rappresentano in pieno l'epoca in cui il romanzo è stato scritto, D'Annunzio ha uno stile molto descrittivo, con pochi dialoghi, in genere dai toni aulici, contrapposti a lunghi periodi ricchi di riflessioni e minuziose e prolisse descrizioni. Altissima la sua capacità di far sentire il lettore presente e partecipe, almeno visivamente, della scena, molto più basso il coinvolgimento a livello di trama, frammentata dai periodi sopra citati.

Giudizio finale complessivo: D'Annunzio è un autore che deve piacere e a me piace. In caso contrario può risultare monotono, noioso, inutilmente prolisso e con trama quasi assente. Io invece ne apprezzo le pause. Il piacere è stato un romanzo rilassante, anche nei suoi momenti concitati, pacato, elegante, ingenuamente malizioso in alcuni passaggi (abituati alla schiettezza di certi libri moderni, fa sorridere). Mi sono ritrovata a passeggiare per ville e giardini, a godere di una Roma passata ma sempre attuale, a perdermi nelle eterne descrizioni di cespugli di rose. Un romanzo che ho letto con calma e mi ha donato calma e dove sono stati i dettagli a fare la differenza. Descrivere minuziosamente un fiore, un giardino o una villa può essere superfluo e addirittura dannoso per l'azione, ma chiudere un libro con la sensazione di aver sentito il profumo del fiore, passeggiato per il giardino, ammirato gli elementi architettonici della villa, è un'esperienza che non tutti i libri sanno regalare. Dopo averlo sperimentato, confesso che in altri libri mi è un po' mancato.
Voto: 8/10

Commenti

  1. Una recensione molto bella, Drusie...mi hai fatto venir voglia di leggere subito qualcosa di D'Annunzio che, purtroppo, è un autore di cui non ho letto quasi nulla ^-^

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    1. In realtà anche io non ho letto molto di lui, principalmente mi sono cimentata nelle poesie (alle elementari avevo imparato a memoria tutta La pioggia nel pineto). Questo è stato il primo romanzo e, come ho scritto, mi è piaciuto molto. Credo che proverò presto qualche altra cosa. Mi attira molto Le vergini delle rocce. Farò sapere.

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