Recensione: Un giorno come un altro di Filippo Venturi

Finalmente! Nonostante il week end a disposizione. Ho finito per metter su la recensione alle 22.30 la sera, ma almeno ce l'ho fatta.
Giovedì arriva anche Una canzone per Julia.

Titolo: Un giorno come un altro
Autore: Filippo Venturi
Edizione: Pendragon
Prezzo: 14,00€
Trama: Bologna, maggio 2014. E’ notte. Martino il matto, spiantato meccanico dedito al riciclaggio di cerchioni rubati, viene pizzicato da una pattuglia della polizia mentre sta compiendo uno dei suoi furtarelli da quattro soldi. Ma invece di arrendersi alla flagranza, decide di scappare, dando luogo a un improbabile tentativo di fuga bici contro volante. Quando ormai sembra spacciato, un evento fortuito e casuale gli permette di dileguarsi per andare a rifugiarsi dentro un palazzo nel centro di Bologna, che appare disabitato e sicuro. Per forza è disabitato: quello non è un condominio qualsiasi, quello è il Palazzo delle Esposizioni, storico edificio che al momento ospita una mostra importantissima. Martino gira per le stanze e punta la sua piccola pila contro i quadri appesi alle pareti. Capisce che è la sua occasione, ma ha un colpo solo e non sa quale. Poi la vede. E’ lei, è la Ragazza di cui tutti parlano, quella che ultimamente incontra ovunque in città: sui manifesti, sulle fiancate degli autobus, sulle vetrine dei negozi. E allora la stacca, se la mette sotto braccio e fugge indisturbato nella tranquilla notte bolognese.
Inizia così “Un giorno come un altro”, storia (ovviamente fantastica) del fantomatico furto del secolo, quello del celeberrimo quadro del Vermeer “La ragazza con l’orecchino di perla”, trafugato durante la mostra intitolata “Il mito della Golden Age”, svoltasi da febbraio a maggio del 2014 nel capoluogo emiliano.
E’ un romanzo scritto in stile noir che tiene il lettore attaccato alle pagine dall’inizio alla fine perché dalla scena del furto, ne succederanno di tutti i colori, tra ricerche folli e frenetiche che coinvolgeranno funzionari di polizia che faranno a cornate con il mondo pur di ritrovare il quadro, a richieste di riscatto alquanto singolari. E’ un action ironico che riprende la recente tradizione americana contemporanea, scritto a ritmo sostenuto, ricco di colpi di scena, in cui si finisce a tifare per i cattivi, balordi dal cuore buono che forse, come spesso non accade nella vita, meritano una seconda possibilità.

Voto 7/10
Alla fine ho deciso di alzare un po' il voto, perché a me il racconto è piaciuto molto.
Martino è un ladruncolo che, per una serie fortunata di casi, si ritrova a fare il colpo della sua vita.
Da qui si dipana una storia buffa e simpatica, ma talvolta drammatica, che coinvolge personaggi, sì singolari, e con caratteristiche molto accentuate, ma che, alla fin fine, potremmo essere noi o qualcuno dei nostri vicini.
La trama non è così scontata come sembrare e regala diversi colpi di scena, rendendo la lettura incalzante fino alla fine.
Il finale è intuibile solo a grandi linee ed è stato paicevole trovare conferme, ma anche vedere conduce in porto la storia. Forse ci sono alcuni passaggi un po' surreali, primo fra tutti il furto del quadro, ma non così tanto da renderli totalmente fantasiosi.
Altro punto di forza sono stati i personaggi: ben delineati, ben caratterizzati, accurati tanto da farli amare, senza risultare pedanti con le informazioni. Certo non hanno tutti lo stesso spazio, ma è ben proporzionato al ruolo nella vicenda. Molto bella l'ambiguità tra buoni e cattivi, dove i buoni non sono così buoni, nè i cattivi così cattivi.
Perché un voto, tutto sommato, non altissimo? Perché qualche pecca c'è, tutte riconducibili ad un unico problema: a questo libro sembra mancare un editor, un revisore, una figura simile. Qualcuno che sapesse dare delle dritte all'autore per far fare al libro un salto di qualità e fargli meritare un buon voto.
Anche per lo stile c'è lo stesso problema. Troppo colloquiale e con troppe parole e modi di dire dialettali. Forse era un tentativo di seguire le orme di Malvaldi, Camilleri o altri, ma trovo arduo per un autore emergente cimentarsi in una cosa simile. Quando leggo questi autori, che adoro, sento comunque le basi della lingua o del dialetto che usano, la grammatica, le regole proprie del linguaggio utilizzato. E' bello leggerli proprio perchè l'uso attento e rispettoso di una 'lingua' diversa crea una cadenza armonica e piacevole. Questa cosa a questo libro manca e questa mancanza si sente. Se doveva essere un testo in emiliano (o in romagnolo, trovandosi Bologna in una sorta di confine) serviva un lavoro molto più grosso. Io non credo che sia facile scrivere in livornese o in siciliano come fanno Malvaldi e Camilleri, perché nessuno insegna queste 'lingue'; se le sono dovute studiare da soli.
Anche in questo racconto ci voleva qualcuno che indirizzasse l'autore o verso un italiano scritto (non colloquiale com'è stato fatto) o verso un dialetto/parlata, ma accurato, che caratterizzasse l'opera e la rendesse unica anche sotto quest'aspetto.
Nonostante questa piccola critica, che è composta per buona parte da un mio parere personale, per me resta una storia che merita, che mi ha divertita e coinvolta.




Commenti

  1. Molto interessante ^.^
    Che carina la nuova grafica *.* così calda e autunnale! L'adoro!

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