Recensione: L'uomo di Marte di Andy Weir

Eccomi giunta a Mark!!! Finalmente l'ho ricopiata, nonostante i due giorni di febbrone.
Mi piacciono quelli che ti dicono: eh, vabbè, la febbre, però almeno stai due giorni a casa...
Senti un po'! Ce l'hai mai avuta la febbre? Quella vera? Perché se ce l'hai avuto sai benissimo che con la febbre una cosa si riesce a fare: la muffa a letto!
Se si abbassa un po', al massimo riesci a farla sul divano.
Fine dello sfogo.
Comunque, guerra a bacilli e virus a parte, almeno il mio pensiero su questo libro volevo scriverlo.
Enjoy it.

Titolo: L'uomo di Marte
Titolo originale: The martian
Autore: Andy Weir
Edizione: Newton Compton Editori
Prezzo: 9,90€
Trama: Mark Watney è stato uno dei primi astronauti a mettere piede su Marte. Ma il suo momento di gloria è durato troppo poco. Un'improvvisa tempesta lo ha quasi ucciso e i suoi compagni di spedizione, credendolo morto, sono fuggiti e hanno fatto ritorno sulla terra. Ora Mark si ritrova completamente solo su un pianeta inospitale e non ha nessuna possibilità di mandare un segnale alla base. E in ogni caso i viveri non basterebbero fino all'arrivo dei soccorsi. Nonostante tutto, con grande ostinazione Mark decide di tentare il possibile per sopravvivere. Ricorrendo alle sue conoscenze ingegneristiche e a una gran dose di ottimismo e caparbietà, affronterà un problema dopo l'altro e non si perderà d'animo. Fino a quando gli ostacoli si faranno insormontabili...


Voto:9/10


Prometto che farò il possibile per non fare spoiler e, per riuscirci, cercherò di parlare il meno possibile della trama.
Giusto i punti salienti: Mark Watney fa parte di una spedizione su Marte. A causa di una tempesta la missione è abortita e devono ripartire. Lui è vittima di un incidente, viene creduto morto e abbandonato.
Invece è ancora vivo e si ritrova solo, su un pianeta ostile. Questo da il via ad una vicenda tremendamente umana che è stata in grado di commuovermi.
Come può essere 'tremendamente umana' la storia, attualmente improbabile, di uno sperso su Marte?
Ora ve lo spiego, ma prima due informazioni per chi magari non lo sapesse. Essere astronauti non è da tutti. Non è solo questione di fisico perfetto, ma anche di un carattere preciso e di una predisposizione psicologica. Inoltre ogni astronauta, oltre all'addestramento specifico, deve saper svolgere qualcosa come 150 lavori diversi (alla NASA Russa, che ho visitato e di cui non ricordo il vero nome, hanno circa 1500 specialisti per soli 52 astronauti). Questo per dire che le capacità di Mark e il suo carattere sono credibili. E' perfettamente plausibile che sia stato scelto e, vi dirò di più, questo fa di lui un personaggio reale, non un superuomo impossibile alla Cussler.
Fatta questa premessa vediamo gli aspetti umani.
Il primo: istinto di sopravvivenza.
La prima cosa che fa Mark è valutare la sua situazione e stabilire quanto può sopravvivere e come poter prolungare il periodo di sopravvivenza. Con dovizia di particolari, anche tecnici, Weir, attraverso una sorta di diario, ci mostra come il suo protagonista ragioni e agisca per salvarsi la vita. Anche a livello psicologico.
Qualcuno dice che sembra troppo ottimista per essere uno abbandonato su Marte. Io sono ottimista di natura e non ci ho visto niente di strano. Mark è stato scelto per quella caratteristica e quindi non si perde d'animo.
Risolto (più o meno) il problema sopravvivenza, ecco che subentra il secondo, e più bello, aspetto umano: la ricerca di un contatto con un altro uomo.
Sì, all'apparenza sembra anche questo un gesto dato dall'estremità della situazione: ho bisogno di far sapere che sono vivo, così magari mi aiutano.
Andate più in profondità: il contatto con i propri simili è un bisogno primario dell'essere umano. Ne ha bisogno la sua psiche. Per fare un esempio: prendere un eremita e schiaffatelo su un pianeta deserto senza possibilità di contatti; impazzirà dopo mezz'ora. Perché un conto è l'isolamento volontario, con la consapevolezza che gli altri comunque ci sono, ce sono lì da qualche parte e, volendo, li si possono incontrare. Un conto è quello obbligatorio dato dal fatto che non c'è nessuno. Anche volendo non ci sono altre presenze, altre voci umane.
Per finire, la solidarietà. E questo ve lo faccio spiegare direttamente da Mark.
Visto che non so stabilire se questo pezzettino faccia o meno spoiler io metto il
*RISCHIO SPOILER* quindi tenetelo presente se lo leggete.

<<In parte dev'essere stato ciò che rappresento: progresso, scienza e il futuro interplanetario che sogniamo da secoli. Ma fondamentalmente lo hanno fatto perché ogni essere umano possiede l'istinto innato di aiutare il suo prossimo. Certe volte può non sembrare che sia così, ma è vero. Se un escursionista si perde in montagna, ci sono altre persone che coordinano una spedizione di ricerca. Se un treno deraglia, c'è gente che si mette in fila per donare il sangue. Se un terremoto rade al suolo una città, c'è gente che da tutto il mondo invia rifornimenti. Tutto questo è così fondamentalmente umano che si riscontra senza eccezioni in tutte le culture. Sì, ci sono le teste di cazzo a cui non frega niente, ma sono una minuscola minoranza in confronto a tutti quelli a cui frega moltissimo. E' per questo che io ho avuto dalla mia parte miliardi di persone.>>
Come accennavo in altri post, Mark da solo si è beccato un sacco di punti, ma anche Weir non demerita.
Prima di tutto i dettagli. Rendono ancora più verosimile la storia. Tra l'altro raccontati con la verve e le battute del protagonista scivolano via abbastanza facilmente senza annoiare o appesantire troppo la lettura.
Con le mie medie conoscenze non sono in grado di dire se tali nozioni siano reali, possibili o totalmente sparate, ma se sono reali Weir ha fatto ricerche incredibili, se sono inventate ha una fantasia mostruosa, in ogni caso ha tutta la mia stima e ammirazione.
Mi piace anche la parità tra ciò che va bene e gli inconvenienti. Non è uno di quei libri troppo perfetti dove tutto fila liscio, ma neanche uno di quelli in cui se una cosa può andar male di sicuro lo farà. Si alternano. Inoltre mi è piaciuto il fatto che venisse spiegato perché certe cose vanno male.
Se proprio devo trovare il pelo nell'uovo, direi che il finale tende un filo all'eccesso, ma in fondo è un'opera di fantasia e un po' di fantastico ci deve essere, no?

Commenti

  1. Ho comprato questo libro recentemente, ma ancora non ho avuto occasione di leggerlo. Però mi ispira moltissimo, le storie di fantascienza mi affascinano parecchio, anche se ne leggo sempre meno di quante vorrei.. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece non sono una grande appassionata, ma questa mi ha conquistata. Tra l'altro secondo me si discosta un po' dalla fantascienza classica.

      Elimina
  2. Temo che non mi stancherò mai di ripetere che amo questo romanzo e che stravedo per Mark. La tua recensione è bellissima e la condivido in pieno, consocia <3 :)
    Il pezzettino che hai citato è veramente emozionante <3<3<3

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Recensione: La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig

Recensione: Il paradiso dei diavoli di Franco Di Mare

Segnalazione: L'angelo e il mugnaio di Antonio Aschiarolo