Recensione: Questa non è una canzone d'amore di Alessandro Robecchi

Ho letto questo libro per una challenge e devo dire che ne sono stata contenta. Alcuni dei cuoi personaggi mi sono piaciuti molto. E anche un paio di contenuti.

Titolo: Questa non è una canzone d'amore
Autore: Alessandro Robecchi
Edizione: Sellerio
Prezzo: 15,00 €
Trama: Un fortunato autore televisivo ha abbandonato la trasmissione cui deve la fama e una discreta agiatezza. Si chiama Crazy Love e racconta la vita sentimentale della «né buona né brava gente della Nazione». Sotterfugi, tradimenti, odio, passioni e rancori, al motto di «Anche questo fa fare l’amore». Un enorme successo, ma lui non ne può più. Felice e orgoglioso della sua scelta, una sera gli si presenta in casa un tizio che cerca di ucciderlo. Si salva la vita, ma da qui in poi cominciano i guai. Una coppia di killer colti e professionali, due zingari in cerca di vendetta, una giovane segugia col cuore in frantumi, collezionisti e contrabbandieri di souvenir nazifascisti, qualche morto di troppo. Sullo sfondo accanto a una Milano multietnica e luccicante, la vita brulicante del campo rom, la sua cultura, la sua eticità.
Questo di Robecchi è un giallo e una commedia, tra Scerbanenco e le canzoni di Enzo Jannacci. Una commedia nera, piena di suspense, di sorprese e paradossi. Raccontata da una voce caustica e cattiva, che tutto commenta e descrive con acuminata ironia, e che tiene in equilibrio il sarcasmo ribelle e sfacciato del suo investigatore chandleriano appassionato di Bob Dylan) e il cinismo a suo modo morale del punto di vista criminale e della vendetta. A riprova che un thriller di qualità è sempre anche critica sociale e romanzo di costume.

Voto: 3,5/5 (7/10)
Mi è stato chiesto di leggere questo libro e ne sono stata felice perché altrimenti mi sarei persa un libro che ho 'divorato' in due giorni scarsi (ok, complice un pupotto con l'insonnia).
Robecchi mi ha fatto leggere una storia carina, con una trama abbastanza intrigata e personaggi che vorrei rivedere.
Ma... c'è un ma, e preferisco fare prima le pulci.
Le battute mi hanno divertita, non lo nego, ma sono comunque troppe. Al di là del sorriso, trovarne una ogni tre righe diventa eccessivo ed esasperante, e alcune anche fuori luogo.
Troppi anche i cliché, ma in questo caso sembra voluto. Ho avuto l'impressione che l'autore prendesse un po' in giro gli stereotipi che lui stesso utilizza. Anche qui pollice verso per le forse dell'ordine incompetenti o quasi (è una cosa che non amo leggere).
Il protagonista non è dei più memorabili. La sua crisi di coscienza sul programma spazzatura che ha creato non ha smosso niente in me e, in generale, non ho provato nessuna empatia per lui. Se non altro, almeno è credibile come personaggio. Nessun eroe dell'ultimo minuto, ma un uomo comune con pregi, difetti e, soprattutto, paure.
Banale Nadia. Un clone di tante altre ragazze già viste in molti altri romanzi. Ma forse è un cyborg, visti gli occhi cangianti che mi ricordavano un semaforo.
Ho adorato invece i quattro pseudo cattivi: i due killer e i due zingari (all'inizio pensavo fossero la stessa coppia).
Sono loro che vorrei rivedere in altri romanzi: sia il biondo con il suo socio e la loro ironia pungente, sia Hego e Clinton, e magari anche il piccolo Helver. Non so perché mi abbiano colpita così tanto, forse per lo sguardo su un mondo così distante dal mio.
Menzione speciale per Maria. La sua storia è la storia di troppe donne e poche finiscono così bene.
Nonostante l'efferatezza di certe scene, i toni sono sempre leggeri, ironici e giocosi. Un contrasto che fa scorrere le pagine in maniera molto veloce. anche i capitoli brevi favoriscono la lettura, così come le descrizioni, brevi ed essenziali, e gli ampi spazi dedicati al discorso diretto e all'azione.
Peccato non essere fan di Bob Dylan, non ho potuto cogliere le innumerevoli citazioni.

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