Recensione: La madre sconosciuta di Kimberley Freeman

Altro libro che non mi ha entusiasmato, ma a cui ho finito per dare 7. E niente, dei libri che non mi piacciono finisco per parlare più di quelli che mi piacciono ^_^
Nota per chi sa: al Plum cake di Lallina si sopravvive. ^__^

Autore: Kimberley Freeman
Edizione: Tre60
Prezzo: 3,99€ (ebook)
Trama: Inghilterra, 1874. A 19 anni finalmente Agnes può lasciare l’orfanotrofio in cui è cresciuta e mettersi alla ricerca di sua madre. Da poco, infatti, ha scoperto che la donna che l’ha abbandonata ha lasciato accanto a lei un bottone decorato con un unicorno. E lei ricorda benissimo di aver visto un cappotto cui mancava proprio un bottone identico: l’aveva donato all’orfanotrofio una nobildonna, Genevieve Breckby… 
Convinta che Genevieve sia sua madre, Agnes ne ripercorre le tracce fino a Londra e a Parigi, e poi, mossa da un’incrollabile determinazione, s’imbarca sulla Persephone, che la condurrà in una terra selvaggia e misteriosa: l’Australia.
Londra, oggi. È in Australia che Tori ha deciso di vivere. Ora però deve tornare a casa, in Inghilterra, per lasciarsi alle spalle un doloroso divorzio, ma soprattutto per aiutare la madre, brillante studiosa dell’epoca vittoriana, che soffre di Alzheimer. Mentre mette ordine nelle sue carte, Tori trova una lettera che risale alla fine dell’800. Una nobildonna scrive alla figlia, spiegandole i motivi per cui l’ha abbandonata, e le incredibili vicissitudini che l’hanno portata a quel terribile gesto. Ma la lettera è incompleta e Tori, prima incuriosita e poi sempre più coinvolta, decide di mettersi alla ricerca dei fogli mancanti…

Voto: 3,5/5 (7/10)
Premetto che a me questo tipo di romanzi non piace. Se non me lo avessero proposto in una challenge, lo avrei accuratamente evitato, ma una sfida vale solo se ci permette di uscire dalla comfort zone, per cui ho accettato.
E, nonostante questa premessa, strappa un 3,5 e, credetemi, non è poco. Volevo dare 2, ma ho cercato di essere oggettiva.
Partiamo da cosa NON va, per me (e per i miei gusti):
- E' sempre la solita storia: un qualcosa del presente collegato in maniera più o meno forte al passato, in cui c'è un'eroina forte/debole ma coraggiosa/determinata/eccetera che parte da un posto in capo al mondo per arrivare, dopo mille peripezie (sempre le stesse), in un posto all'altro capo del mondo (in cui, tra l'altro, non sempre trova qualcosa). Dopo un simile riassunto, quanti ve ne vengono in mente? A me almeno tre: Il giardino dei segreti (Kate Morton, forse il più gradevole), Il giardino degli incontri segreti (fantasia nei titoli eh! Lucinda Riley, molto, troppo, simile al primo), L'isola delle farfalle (Corina Bomann, scopiazzatura dei primi due). Non sono contraria alle storie 'tutte uguali'. Se mi piace magari sono io stessa a cercarle. Questa non mi piace.
- La parte 'presente' è spesso (non in tutti i libri citati) solo una scusa per far partire la storia 'passata', o per chiarire alcuni punti rimasti oscuri. In questo caso serve solo da epilogo, rivelandosi inutile. Mi è dispiaciuto, perché, prima di tutto, avrei voluto saperne di più a prescindere dall'utilità: avrei voluto maggior cura, maggiori dettagli, più approfondimenti su cosa succede a Tori, sia con Andrew che con Geoff. In secondo luogo, la storia di una figlia alle prese con una madre malata di Alzheimer, una volta brillante accademica, meritava più rispetto. 
Questa parte non era necessaria alla storia di Ages, è solo un 'in più', ma se decidi di inserirla, allora andrebbe trattata con cura.
La lettera di Moineau poteva trovarla Agnes da adulta, poteva essere inserita come seconda voce narrante; poteva aprire le varie parti della storia. L'epilogo poteva essere narrato, appunto, sotto la voce 'Epilogo'.
Usare così la parte di Tori è stato solo uno specchietto per le allodole, inutile e frustrante.
- Gli accadimenti: troppo simili in quasi tutti i libri, tanto che non mi chiedevo cosa sarebbe capitato ad Agnes, ma quando. La verità è così citofonata che a metà avrei già potuto interrompere la lettura sapendo il finale. Invece ho stoicamente proseguito trovando l'ultimo grosso problema (sempre dal mio punto di vista, non parlo a priori)...
- Nella seconda parte accadono troppe cose (sono in ordine sparso, quindi se volete sapere come sta la storia dovete comunque leggerlo) : Gracie, il vigilante ostinato, la fuga, il treno partito, Jack in carcere... (e sono meno della metà). Mi viene da pensare 'male, malanno e l'uscio addosso'. Un po' meno (inutili) peripezie e sarebbe andata bene ugualmente.
Eppure da 2 ho finito per dare 3,5.
Sì, perché se vado oltre il mio gusto personale, riconosco che è un bel libro. Agnes è un'eroina degna di nota. Indipendente, intraprendente, generosa e avventurosa. Un bel personaggio. Davvero. Incarna bene il desiderio degli orfani di sapere chi sono a qualunque costo.
Anche Julius mi è piaciuto. Soffre un po' il ruolo maschile dell'epoca, ma alla fine lascia Agnes libera di fare le sue scelte.
Gracie è un po' uno stereotipo, ma compare poco.
La fobia di Marianna, pur essendo solo accennata, è ben rappresentata.
E per finire, quello che reputo il personaggio meglio riuscito: Genevieve. Compare in due pagine contate eppure è presente in tutto il libro. La sua personalità forte ed egoista riesce a soverchiare tutti gli altri personaggi eccetto Agnes. Riconosco all'autrice una certa abilità in questo e ha la mia ammirazione.
E Jack? Qualunque accenno sarebbe spoiler, per cui se volete saperne di più leggete il libro.
Niente da dire sullo stile, moderno, senza tanti orpelli, a tratti piuttosto veloce. Dialoghi appropriati, sia quelli vittoriani che quelli attuali. Un po' abusate le 'coincidenze'.
Per finire, è vero che a me ricorda altri romanzi, ma è anche sufficientemente diverso da regalare qualche ora piacevole. Se vi piacciono questo tipo di storie.

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