Recensione: Reykjavík Café di Sólveig Jónsdóttir
Ed eccoci al libro brutto del mese. O almeno spero che sia IL libro brutto del mese. L'unico. Ma visto che siamo solo a metà Febbraio, incrociate le dita per me.
Titolo: Reykjavík Café
Titolo originale: Korter (che credo si possa tradurre come Quattro)
Autore: Sólveig Jónsdóttir
Edizione: Sonzogno
Prezzo: 17,50€
Trama: Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai veramente così. Hervòr, Karen, Silja e Mía, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università, chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure quella che, essendo medico, è spesso costretta a turni fuori casa e, guarda un po', la volta che rientra senza avvisare sorprende il neo marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato, un avvocato benestante, e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa obbligata al Reykjavik Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore e dove le loro storie finiranno per intrecciarsi. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, rovesci del destino e risate condite da improbabili consigli, ognuna troverà il modo di raggiungere la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.
Voto: 1,5/5 (3/10)
Altro voto bassino quest'anno (mi chiedo se sono sfortunata o pignola), ma, davvero, nemmeno con le migliori intenzioni sto romanzo arriverebbe alla sufficienza.
Partiamo dalla sinossi, che, ok è fatta per vendere ed esagera, ma in questo caso è inventata. Leggendola sembra di trovarsi davanti qualcosa di leggero, che comprende, sì, situazioni critiche, ma si muove verso soluzioni e miglioramenti attraverso amicizia, consigli, idee divertenti e così via.
Non è leggero, è piatto. Di una noia mortale. Continuavo a leggere chiedendomi quando ci sarebbe stata una svolta, quando set quattro si sarebbero incontrate per legarsi, quando sarebbe, finalmente, accaduto qualcosa. Mai! O meglio, accade qualcosinainaina nelle ultime pagine quando il libro finisce di colpo e il lettore rimane lì a chiedersi: Embè?
Come se ad un certo punto l'autrice stessa avesse pensato: ma che sto a di'? Finiamola va. E ha chiuso.
Non solo le 4 protagoniste (dai nomi impronunciabili, ma vabbé, islandesi sono) non si conoscono, ma a stento si sfiorano e una manco lo frequenta sto caffè.
Rimangono ognuna per conto suo, con la propria storia che non va da nessuna parte, che non cambia in niente e se lo fa, in minima parte, è solo per inerzia.
Qualche spunto d riflessione lo offrirebbe anche, ma sono tutti oscurati dalla negatività del racconto.
Poi, siamo onesti, possibile che il tempo faccia sempre schifo (e non perché è buio) e bevano tutti come spugne? Neanche in un libro di alcolisti dichiarati son tutti perennemente alticci/sbronzi di brutto.
Irritanti anche tutti i riferimenti musicali che, anziché approfondire gli aspetti psicologici o sottolineare dei momenti, spezzano azioni inesistenti e noiose, contribuendo a far perdere il già flebile filo che c'è.
Oltre a quanto detto, i punti di vista si alternano tra le quattro donne, in maniera non regolare, e si finisce per dover tenere l'indice all'inizio del capitolo per ricordarsi chi sta parlando. Perché, oltre a tutto il piattume delle trama, non c'è neanche un approfondimento psicologico decente.
La scrittura si abbina al libro, è scorrevole, ma niente di più. Non ha ritmo, senso, direzione. Rimanda un'immagine dell'Islanda brutta, squallida e insignificante che non ho riscontrato in altri autori.
Confermo: davvero una pessima lettura.
Titolo: Reykjavík Café
Titolo originale: Korter (che credo si possa tradurre come Quattro)
Autore: Sólveig Jónsdóttir
Edizione: Sonzogno
Prezzo: 17,50€
Trama: Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai veramente così. Hervòr, Karen, Silja e Mía, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università, chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure quella che, essendo medico, è spesso costretta a turni fuori casa e, guarda un po', la volta che rientra senza avvisare sorprende il neo marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato, un avvocato benestante, e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa obbligata al Reykjavik Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore e dove le loro storie finiranno per intrecciarsi. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, rovesci del destino e risate condite da improbabili consigli, ognuna troverà il modo di raggiungere la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.
Voto: 1,5/5 (3/10)
Altro voto bassino quest'anno (mi chiedo se sono sfortunata o pignola), ma, davvero, nemmeno con le migliori intenzioni sto romanzo arriverebbe alla sufficienza.
Partiamo dalla sinossi, che, ok è fatta per vendere ed esagera, ma in questo caso è inventata. Leggendola sembra di trovarsi davanti qualcosa di leggero, che comprende, sì, situazioni critiche, ma si muove verso soluzioni e miglioramenti attraverso amicizia, consigli, idee divertenti e così via.
Non è leggero, è piatto. Di una noia mortale. Continuavo a leggere chiedendomi quando ci sarebbe stata una svolta, quando set quattro si sarebbero incontrate per legarsi, quando sarebbe, finalmente, accaduto qualcosa. Mai! O meglio, accade qualcosinainaina nelle ultime pagine quando il libro finisce di colpo e il lettore rimane lì a chiedersi: Embè?
Come se ad un certo punto l'autrice stessa avesse pensato: ma che sto a di'? Finiamola va. E ha chiuso.
Non solo le 4 protagoniste (dai nomi impronunciabili, ma vabbé, islandesi sono) non si conoscono, ma a stento si sfiorano e una manco lo frequenta sto caffè.
Rimangono ognuna per conto suo, con la propria storia che non va da nessuna parte, che non cambia in niente e se lo fa, in minima parte, è solo per inerzia.
Qualche spunto d riflessione lo offrirebbe anche, ma sono tutti oscurati dalla negatività del racconto.
Poi, siamo onesti, possibile che il tempo faccia sempre schifo (e non perché è buio) e bevano tutti come spugne? Neanche in un libro di alcolisti dichiarati son tutti perennemente alticci/sbronzi di brutto.
Irritanti anche tutti i riferimenti musicali che, anziché approfondire gli aspetti psicologici o sottolineare dei momenti, spezzano azioni inesistenti e noiose, contribuendo a far perdere il già flebile filo che c'è.
Oltre a quanto detto, i punti di vista si alternano tra le quattro donne, in maniera non regolare, e si finisce per dover tenere l'indice all'inizio del capitolo per ricordarsi chi sta parlando. Perché, oltre a tutto il piattume delle trama, non c'è neanche un approfondimento psicologico decente.
La scrittura si abbina al libro, è scorrevole, ma niente di più. Non ha ritmo, senso, direzione. Rimanda un'immagine dell'Islanda brutta, squallida e insignificante che non ho riscontrato in altri autori.
Confermo: davvero una pessima lettura.
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